Scoperto un principio di organizzazione della corteccia cerebrale

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 14 ottobre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La comprensione dell’organizzazione funzionale del cervello ha visto nel tempo nascere sempre nuovi problemi dalla soluzione di quelli che costituivano, di volta in volta, oggetto del lavoro sperimentale. L’ingenua speranza della chiave anatomica per comprendere le funzioni delle parti, come se l’encefalo seguisse in tutto i principi alla base della costituzione del midollo spinale, è stata presto abbandonata, e si è allora cercato di decifrare i criteri caratteristici delle singole regioni. Si sono poi compresi i limiti della concezione, sia pure semplicemente operativa, di moduli discreti non coincidenti con singoli nuclei e particolari aree ma emersi dal rilievo di complessi esecutivi in relazione ad una macrofunzione studiata, quale ad esempio la coordinazione del movimento o l’elaborazione delle informazioni di un canale percettivo. In realtà, la ripartizione modulare risultava grossolana e artificiosa, perché basata su un singolo ruolo riconosciuto a strutture che intervengono generalmente in funzioni diverse.

Anche per effetto delle metodiche di neuroimmagine funzionale, che consentono di analizzare in vivo l’attività encefalica in relazione a specifici compiti, si è adottato il criterio delle reti di neuroni attive; i nodi delle reti sono indicati in base alla topografia anatomica. Ma ben presto si è rilevata l’ampia sovrapposizione nella realtà macroscopica osservata con questi metodi che, rimanendo utili in generale, non forniscono contributi decisivi alla comprensione di criteri dell’organizzazione funzionale che vadano oltre le generiche e incompiute indicazioni della neurofisiologia classica. Studiando le reti in questo modo, ossia rispetto a funzioni definite dai compiti sperimentali, si desume semplicemente che la formazione dinamica delle reti è costituita da una sorta di mosaico fluido, che si compone in maniera diversa per le differenti esigenze e circostanze. Ma questi studi hanno anche rivelato che lo stesso compito in persone diverse non attiva sempre lo stesso pattern, e anche nella stessa persona si possono rilevare delle differenze di configurazione nella ripetizione di un compito o nell’esecuzione di due compiti ritenuti del tutto equivalenti.

D’altra parte, un limite di questa ricerca è dato dalla definizione delle funzioni che, nel caso di quelle che attengono al livello psichico, risentono molto dei criteri adottati, individuando funzioni distinte in termini psicologici o di convenzione culturale; ben poco riusciamo a penetrare i criteri biologici ed evoluzionistici alla base dei processi che hanno definito lo sviluppo di strutture con le loro separazioni ed associazioni funzionali.

Certo, la recente combinazione di più metodi e tecniche per definire le basi cerebrali della mente, ha dato un esito che in massima parte conferma la visione di Edelman che, distinguendo fra processi locali e globali, riconosce all’encefalo la natura, in senso proprio, di sistema complesso, ossia un sistema in cui le singole parti obbediscono a regole diverse da quelle che governano l’insieme.

Fatte queste premesse, si comprende come il contributo di ogni branca specializzata della ricerca che fa luce su particolari rapporti fra morfologia e funzione cerebrale, possa fornire indicazioni importanti al fine di comporre un quadro di dati e nozioni utili a sciogliere tutti i nodi problematici del presente.

L’impiego di mappe quantitative estese all’intero encefalo sembra essere un metodo promettente per cercare di comprendere, attraverso gli elementi stereotipati dei circuiti cerebrali, la capacità del cervello di elaborare informazioni e governare il comportamento. Fino ad oggi, a causa delle dimensioni e della complessità del cervello dei mammiferi, non è stato possibile quantificare in maniera esaustiva la distribuzione dei neuroni rilevando similarità e differenze fra le specie animali e fra i due sessi di una stessa specie. Kim e colleghi, impiegando la piattaforma di mappatura cerebrale quantitativa da loro realizzata in precedenza, hanno scoperto un nuovo principio di organizzazione nell’architettura della corteccia cerebrale, ed hanno identificato un dimorfismo sessuale sottocorticale. Lo studio sarà pubblicato sulla rivista Cell.

(Kim Y., et al. Brain-wide Maps Reveal Stereotyped Cell-Type-Based Cortical Architecture and Subcortical Sexual Dimorphism. Cell – 171 (2): 456-469.e22. doi: 10.1016/j.cell.2017.09.020, advance online publication Oct. 5, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Cold Spring Harbor Laboratory, Cold Spring Harbor, NY (USA); College of Medicine, Penn State University, Hershey, PA (USA); Center for Neural Science, New York University, NY (USA); Healthcare Technology Innovation Centre, IIT Madras, Chennai (India); Institute of Brain Sciences, State Key Laboratory of Medical Neurobiology, Collaborative Innovation Center for Brain Science, Fudan University, Shanghai, (China).

Prima di esporre in sintesi i contenuti del lavoro di Kim e colleghi si riporta, al fine di facilitare l’inquadramento di quanto è stato scoperto, un’introduzione sulla corteccia cerebrale, già riportata in una nota del maggio scorso[1]:

La parte più esterna dei lobi del telencefalo è costituita da un tessuto specializzato che prende il nome di corteccia cerebrale, manto o mantello corticale o pallium. All’osservazione anatomica, asportata l’aracnoide[2], il pallio del nostro cervello appare ricoperto dalla pia meninge che si presenta come un foglietto di tessuto molle, semitrasparente, vascolarizzato ed aderente al tessuto nervoso.

L’aspetto caratteristico è conferito dalla presenza di solchi che circoscrivono rilievi detti circonvoluzioni o giri[3], riscontrabili nel cervello dei mammiferi più evoluti o girencefali, e assenti in quelli meno evoluti o lissencefali. Nel nostro telencefalo alcune circonvoluzioni sono costanti[4]. Altre, più variabili, si definiscono nel modo seguente: quando rendono più estesi e irregolari i giri principali prendono il nome di pieghe di complicazione; quando invece formano ponti di passaggio fra formazioni vicine, se uniscono giri adiacenti, sono dette pieghe anastomotiche o di comunicazione (Broca), se si estendono da un lobo all’altro, sono dette pieghe di passaggio (Gratiolet).

La ripartizione in lobi del cervello è data dall’organizzazione del manto in solchi, in passato definiti scissure[5]: 1) solco laterale o scissura di Silvio[6], 2) solco centrale o scissura di Rolando[7], 3) solco parieto-occipitale e 4) solco del cingolo, che delimita il lobo limbico ed è visibile sulla faccia mediale degli emisferi. A questi solchi principali se ne aggiungono altri che si rinvengono sulle facce inferiori e interne dei due emisferi. Per quanto riguarda i giri principali costantemente presenti in ogni cervello, sulla superficie telencefalica esterna si possono riconoscere quattro circonvoluzioni nel lobo frontale e tre in ciascuno dei lobi parietale, temporale e occipitale.

1.1. Spessore, superficie e volume. Lo spessore massimo in molti studi corrisponde a 4,5 mm, mentre quello minimo supera di poco il millimetro. Nel cervello senile sono stati rilevati anche dati più bassi. Per molti calcoli relativi alla densità cellulare si adotta un valore di spessore teorico medio di 2,5 mm. Concettualmente è importante sottolineare che lo spessore è il portato della forma di organizzazione morfo-funzionale, pertanto non è proporzionale al peso ed alla massa corporea della specie animale; infatti la corteccia cerebrale dell’elefante è solo quattro volte più spessa di quella del topo, mentre il peso del pachiderma è tremila volte quello del roditore.

L’estensione della superficie è 220.000 mm2, dei quali 75.000 corrispondono alla superficie libera della circonvoluzioni e 145.000 ai versanti e al fondo dei solchi. Il volume della corteccia negli studi tradizionali su popolazioni europee è stimato in 560 cm3, corrispondenti a un peso di 581 grammi; i dati della fonte più autorevole e recente (Mai, Assheuer e Paxinos) sono un po’ più alti: il volume a fresco della corteccia dell’emisfero sinistro è risultato 303 cm3 e quello del destro 297, per un totale di 600 cm3 (da un volume medio cerebrale in toto a fresco di 1316)[8].

1.2. Struttura. Nei trattati di anatomia, ai quali si rimanda, è descritta nel dettaglio la citoarchitettonica e la mieloarchitettonica della corteccia con le variazioni in rapporto alla sede topografica (la sottile corteccia polare, la coniocorteccia visiva dell’area calcarina, ecc. ), qui ci limitiamo a qualche cenno sulla morfologia stratificata e sull’organizzazione.

Si riconoscono sei strati (o lamine) nella corteccia cerebrale umana nel suo tipo fondamentale o prevalente[9] detto corteccia omotipica.

1)      Primo strato o strato molecolare.

2)      Secondo strato o strato granulare esterno (o dei granuli esterni).

3)      Terzo strato o strato delle cellule piramidali esterne.

4)      Quarto strato o strato granulare interno (o dei granuli interni).

5)      Quinto strato o strato delle cellule piramidali interne.

6)      Sesto strato o strato delle cellule polimorfe e fusiformi.

Sulla base di questa costituzione pluristratificata si rilevano, di tratto in tratto, variazioni degli strati intermedi fra il primo e il sesto (corteccia eterotipica). Tali differenze appaiono ben riconoscibili e circoscritte, costituendo  campi citoarchitettonici diversi in base ai quali Brodmann propose la sua ormai storica classificazione topografica in 48 aree[10], ancora utile in vari campi della ricerca e tuttora impiegata in neurologia e neuropsicologia.

Alcuni dei territori così delimitati, ad esempio le aree motorie e quelle sensoriali primarie, hanno una precisa individualità in termini di connessioni anatomiche e di significato funzionale. Il sistema visivo ci fornisce un esempio in tal senso. L’area visiva primaria detta anche “retina cerebrale” (area 17, corrispondente a V1 della classificazione fisiologica) proietta alla corteccia parastriata (area 18), che a sua volta invia assoni alla corteccia peristriata (area 19). Da qui l’informazione è trasmessa alla regione infratemporale (area 20), che la riverbera al solco temporale superiore, alla corteccia temporale mediale del giro paraippocampale posteriore, e così a varie stazioni del lobo limbico[11]. Un esempio simile a questo ci è fornito dalle connessioni dell’area uditiva primaria (area 41).

La disposizione delle fibre nervose mieliniche all’interno della corteccia segue la ripartizioni in strati con le caratteristiche dell’area, e presenta fibre radiate e fibre tangenziali (plesso tangenziale di Exner, lamina disfibrosa, stria di Kaes, strie esterna ed interna di Baillarger, con la variante occipitale detta stria di Gennari, e la lamina infrastriata).

1.2.1. Organizzazione colonnare. Lo studio elettrofisiologico e della connettività dei neuroni corticali ha da tempo rivelato un’organizzazione costituita da moduli verticali che occupano tutto lo spessore della corteccia, con l’asse principale su un piano ortogonale alla superficie piale. Il termine colonna deriva da un’osservazione sperimentale: tutte le cellule incontrate da un microelettrodo che attraversa a tutto spessore il manto corticale, rispondono a un singolo stimolo periferico[12]. Nella corteccia visiva si distinguono pile cellulari di piccolo calibro (50μm) costituite da neuroni che rispondono ad uno stimolo lineare dello stesso orientamento spaziale (verticale, orizzontale, obliquo con varie rotazioni) e sono dette colonne di orientamento; e pile di maggiori dimensioni (500μm) che rispondono prevalentemente agli stimoli percepiti da un occhio (colonne di dominanza oculare).

1.3. Microstruttura. Le cellule più importanti, accanto agli elementi gliali, sono i neuroni piramidali, le cellule stellate spinose e numerosi tipi di interneuroni appartenenti a varie tipologie morfologiche (cellule a candeliere, cellule orizzontali, cellule bipolari/fusiformi, ecc.) la cui classificazione, non più basata solo sulla forma, è oggetto di studio e aggiornamenti ratificati da un’apposita commissione”[13].

Torniamo ora alla nostra recensione.

Kim e colleghi, applicando lo strumento da essi stessi realizzato per la mappatura quantitativa dell’encefalo “qBrain” (quantitative brain-wide mapping platform), hanno analizzato la distribuzione stereotipata dei principali tipi di cellule nervose inibitorie glutammatergiche del cervello. In tal modo hanno scoperto un inaspettato principio organizzativo: le aree senso-motorie sono dominate da interneuroni che modulano la segnalazione in uscita, mentre le aree di associazione sono dominate da interneuroni che modulano la segnalazione in entrata.

Infatti, le aree della corteccia cerebrale che costituiscono la stazione terminale delle vie ascendenti sensoriali, così come quelle che rappresentano la sede di partenza dei fasci assonici diretti ai motoneuroni spinali, sono popolate in assoluta prevalenza da interneuroni inibitori positivi alla parvalbumina, impegnati costantemente in un’azione di controllo dell’output inviato dai neuroni di proiezione di queste regioni corticali. Al contrario, le aree tradizionalmente definite associative, incluse le regioni corticali del lobo frontale rilevanti per molti processi psichici, sono dominate dal tipo cellulare degli interneuroni inibitori positivi alla somatostatina, tonicamente attivi nella modulazione dell’input che le raggiunge.

Un altro risultato di rilievo emerso da questo studio, oltre alla scoperta del principio organizzativo basato sul tipo di controllo inibitorio, consiste nell’identificazione, ottenuta grazie all’analisi della distribuzione locale dei tipi cellulari, di un dimorfismo sessuale finora non conosciuto. In breve, in 10 di 11 aree subcorticali che si presentano dimorfiche per genere di appartenenza, vi erano più cellule nel cervello femminile, nonostante il volume complessivamente maggiore dei cervelli maschili.

Il rilievo di questi risultati, incoraggia l’impiego del qBrain in nuovi studi che pongano in rapporto aspetti stereotipati della distribuzione dei neuroni a funzioni ignote o conosciute delle varie regioni cerebrali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-14 ottobre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Note e Notizie 06-05-17 Il trascrittoma della corteccia cerebrale.

[2] La dura meninge o “dura madre” rimane quasi sempre aderente alla teca cranica.

[3] L’International Anatomical Nomenclature Committee o IANC ha scelto da tempo di adottare questo termine (gyrus) per la nomenclatura unificata, tuttavia gli autori italiani conservano l’uso parallelo del termine circonvoluzione, come del resto accade fra gli anatomisti di altri paesi non di lingua inglese.

[4] La loro presenza è fissa e in alcuni casi consente una precisa localizzazione funzionale: si pensi alle circonvoluzioni pre-centrale (motoria) e post-centrale (sensitiva), al piede del giro frontale inferiore dove ha sede l’area 44 di Brodmann o area motoria del linguaggio di Broca, la cui lesione determina afasia motoria pura.

[5] Il termine scissura è stato abolito dall’IANC perché appropriato solo in alcuni casi (ad esempio, nel caso del solco di Rolando e di Silvio).

[6] Separa il lobo frontale e, in parte, il parietale dal lobo temporale; nella sua profondità presenta un opercolo che nasconde l’Insula (Insula di Reil). Fu descritto da Françoise du Bois (italianizzato in Francesco de Le Boe) che scriveva sotto il nome latino di Silvius.

[7] Separa in alto il lobo frontale da quello parietale ed è compreso fra la circonvoluzione pre-centrale caratterizzata dalla rappresentazione somatotopica motoria di tutto il corpo (omuncolo motorio) e la circonvoluzione post-centrale con la rappresentazione sensitiva di tutto il corpo (omuncolo sensitivo).

[8] Mai, Assheuer, Paxinos, Atlas of Human Brain, 2nd edition. Elsevier Academic Press, 2004.

[9] Economo aveva suddiviso la corteccia in 10 strati fra principali e secondari; l’attuale descrizione ricalca ancora la sua impostazione, mentre la classificazione in 7 lamine di Cajal, che caratterizzava gli strati su una distribuzione delle cellule in base alle dimensioni, è stata definitivamente abbandonata perché rivelatasi inesatta.

[10] Il metodo messo a punto da Brodmann fu reso più analitico ed accurato da Economo che suddivise la corteccia in 109 aree.

[11] A questo riferimento morfo-funzionale di base si deve aggiungere che, complessivamente, le aree che partecipano all’elaborazione della percezione visiva sono 32, molte delle quali non presentano una costante configurazione anatomica della localizzazione, pertanto è utile in taluni casi, come ad esempio nello studio della fisiologia della visione, distinguere le aree corticali sulla base del ruolo funzionale (V1, V2, V4, V5, ecc.).

[12] Fenomeno riscontrato per la prima volta nella corteccia somatosensoriale.

[13] “La corteccia cerebrale - origini e conseguenze della sua conformazione”, nell’aggiornamento: “La corteccia cerebrale” nella sezione “AGGIORNAMENTI” del sito.